martedì 28 febbraio 2012

La Notte.





Non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare 
perché mi porto un dolore che sale che sale 
Si ferma sulle ginocchia che tremano e so perché 
E non arresta la corsa lui non si vuole fermare 
perché è un dolore che sale che sale e fa male 
Ora è allo stomaco fegato vomito fingo ma c'è


Tutto è finito.
In quell’istante il tempo si è come fermato. Il buio ha inghiottito il mio cuore nell’attimo in cui tu mi hai lasciato.
 Il dolore è talmente forte che non riesco a respirare.
Mi blocca.
M’inibisce.
Mi mostra fragile, io che nemmeno sotto tortura avrei celato la mia debolezza.
Sono distrutta, questa è la realtà.
Fingere, forse mi salverà.
Mento, sorrido, parlo con tutti. Nessuno, nota la disperazione che mi oltrepassa gli occhi quando t’incontro negli anditi per andare a lezione. Nessuno, nota che nemmeno ci guardiamo o insultiamo come i vecchi tempi, nessuno, nota il gelo che è calato tra di noi.
Gelo che ora è reale.
Sorrido sconfitta; Questa è un’altra consapevolezza, che non esiste più un noi.
Bleffo con i miei amici, ignari di quello che da anni c’è tra noi.
L’odio celava l’amore.
Fingo che tutto sia immutato, ma dentro sono uno straccio logorato dalla sofferenza.
Loro non sanno che mi hai lasciato, non sanno niente di noi.
Per loro, per i miei amici, tu mi odi ed io odio te, da anni.
Noi ci odiavamo, poi ci siamo amati e ora viviamo in un limbo dal quale non  riesco a uscire.
Scappo perché l’aria è irrespirabile, invento una scusa, l’ennesima per isolarmi da tutto, da tutti, per fuggire dalla realtà troppo dura da accettare.
Il blocco allo stomaco, il respiro mozzato, le lacrime che salgono agli occhi e che combattono con la mia ferrea forza di volontà, vogliono scendere giù lungo il mio viso.
Dimostrano, ancora una volta che non riesco a fingere, almeno non qui dentro questo bagno inutilizzato. Qui, le mie vere emozioni, quelle che ogni giorno celo sotto strati di orgoglio e testardaggine, vengono fuori non riesco più a trattenerle.
Sono distrutta, questa è la realtà.

Lo stomaco ha resistito anche se non vuol mangiare 
Ma c'è il dolore che sale che sa e e fa male 
Arriva al cuore lo picchiare più forte di me 
Prosegue nella sua corsa si prende quello che resta 
Ed in un attimo mi scoppia la testa 
Vorrebbe una risposta ma in fondo risposta non c'è 
Sono passate due settimane e inesorabile la mia vita trascorre senza che me ne renda conto.
Sopravvivo, nel caos che regna dentro la mia mente.
Tutto è tornato come prima, anche se per tutti niente è mai cambiato.
Sono sempre io: la solita “So Tutto io” secchiona , saccente e orgogliosamente Grifondoro in poche parole: Hermione Granger.
 L’amica, mezzosangue dell’eroe del mondo, la studentessa modello.
 Per tutti, io sono questo e nulla più, nessuno conosce bene chi sono, nessuno sa in realtà cosa penso, amo, cosa mi fa ridere. Nessuno mi conosce bene come lui, cui ho mostrato tutta la vera me.
Lui, cui ho donato tutta me stessa,  lui che mi ha sconvolto, stupito e fatto innamorare. Lui cui donato il mio primo bacio e la purezza. Lui che credevo l’uomo della mia vita e invece si è rivelato l’ennesimo stronzo egoista, figlio di papà.
Sbatto con forza il tomo sul tavolo, ridestandomi da questi pensieri, che attanagliano la mia mente da giorni, ore, riprendo in mano la mia vita, almeno ci tento.
Ho ripreso a studiare, faccio solo quello ormai. Non rido e non scherzo evito anche di scendere in sala grande per i pasti per non vederlo.
Vorrei reagire, ma il dolore è troppo forte, la ferita ancora fresca.
Il mio cuore è ancora troppo innamorato.


E sale e accende gli occhi il sole adesso dov'è 
Mentre il dolore sul foglio è seduto qui accanto a me 
Che le parole nell'aria sono parole a metà 
Ma queste sono già scritte e il tempo non passerà 
Ma quando arriva la notte e resto sola con me 
La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché 
Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà 
La vita può allontanarci l'amore continuerà 
Un mese è passato, da quel nefasto giorno. Sorrido perché tra poco tutto finirà.
Lo ripeto da giorni per darmi forza, per continuare a sorridere fingendo di star bene, infondo, è solo un ultimo sforzo.
Solo un ultimo disperato sforzo Hermione, mi dico.
E finalmente lascerò per sempre Hogwarts, la casa di Grifondoro e i ricordi che mi legano a questo mondo.
Li costudirò nel profondo del mio cuore, col tempo forse riuscirò a cancellarli.
Col tempo riuscirò a cancellare anche i suoi occhi grigi, che freddi vagano per la sala grande posandosi su di me, abbassandosi un attimo dopo che sollevo lo sguardo verso il tuo tavolo.
Col tempo riuscirò a scacciare il ricordo dei suoi capelli, biondi e lisci che mi solleticavano il viso quando decidevamo di dormire insieme sfidando il rischio di essere scoperti, dai miei amici o dai suoi compagni di casa.
Col tempo riuscirò a dimenticare il ricordo dei suoi baci e delle mani sul mio corpo, i suoi sospiri uniti ai miei le mille emozioni, i mille gesti e le molteplici parole che accompagnavano quei momenti tra di noi.
Col tempo riuscirò a dimenticare tutto.
Col tempo...ma non oggi.
Oggi, sono ancora dentro il bagno in disuso del secondo piano a piangere come una disperata, stringendo tra le mani un foglio di giornale. Foglio in cui si annuncia che:
Draco Lucius Malfoy tra meno di un mese sposerà Astoria Greengrass.
Alla fine aveva ceduto; Aveva ceduto al volere di suo padre, che aveva scelto per lui la donna giusta da condurre all’altare. Aveva posto il suo importante e antico casato di freddi purosangue, davanti a tutto, davanti al suo cuore che per due anni aveva detto di amare solo me, nonostante il mio sangue sporco, nonostante la mia casa di appartenenza nonostante fossi Hermione Granger.
Aveva rinunciato a tutto, aveva rinunciato a un futuro insieme.
Le tradizioni, il potere, il casato avevano vinto sull’amore puro che credevo ci legasse.
Lui lo diceva sempre: I Malfoy non amano; Non possono permetterselo ed io, sto giocando con il fuoco.
E quel fuoco che per anni mi fa fatto vivere, sorridere e gioire ora brucia dentro e non riesco a spegnerlo.
Forse il tempo, un giorno riuscirà...


Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà 
La vita può allontanarci l'amore continuerà



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L’abbandono.
**
La scuola era finalmente finita da quasi due settimane e con lei si chiudeva una parte importante della mia vita.
La parte più importante.
Quella che avrei conservato nel profondo del mio cuore per sempre.
L’insperato amore, che ti lacera l’anima, che ti fa sospirare che ti annienta il cervello.
L’amore, un sentimento inaspettato per uno che porta il mio cognome.
Amore, era quello il sentimento che mi legava a lei, l’unica donna del aveva scalfito il mio cuore.
Lei lo possedeva.
L’avrei dovuta proteggere, amare, consolare per tutta la vita e invece, l’avevo lasciata per il bene della mia famiglia.
Codardo.
Un inetto, un debole, un vile bugiardo, un serpeverde figlio di papà, queste erano state le ultime parole che mi aveva rivolto quasi due mesi fa’.
Il giorno che tutto finì.
Sbagliavo, dovevo ancora viverlo il giorno più brutto della mia vita.
Mancava poco. Mancavano solo due ore e alcuni minuti, poi si sarebbe potuto celebrare anche il mio funerale, perché da quel momento la mia vita sarebbe cessata.
Avrei vissuto una vita che non volevo che non m’apparteneva, una vita non mia.
Quella mattina d’inizio Luglio, si sarebbe celebrata: la fine di un uomo e non il suo matrimonio.
Distrutto all’interno, una maschera inespressiva all’esterno.
Così mi mostravo freddo, come solo io riuscivo a essere.
Come solo i Malfoy sanno essere: freddi, calcolatori e bastardi da generazioni.

**
Tutto era pronto al Manor dei Malfoy, la funzione si sarebbe svolta nel grande giardino esterno, che si trovava dietro alla casa in cui ero cresciuto, quello era stato un altro desiderio di mio padre, cui non seppi dire no; Come sempre.
Gli invitati erano già seduti sulle bancate rivestite di seta rosa pallido in tutti i banchi era appuntata una rosa e due spighe di grano come segno di prosperità. Tutto attorno era un trionfo di sfarzo e ricercatezza, opera della donna più elegante di tutto il mondo magico: Narcissa Black in Malfoy, mia madre.
L’unica, oltre al mio amico Blaise, a sapere delle mie pene d’amore, l’unica che riusciva ancora a confortarmi, donandomi un semplice sorriso e una timida carezza.
Respirai affondo, abbottonando uno dei gemelli d’oro con incise sopra le mie iniziali alla candida camicia e mi girai appena sentii bussare alla porta.
-posso- disse il mio testimone avanzando lentamente verso di me perfetto nel suo abito scuro.
-sei già dentro, Bla- risposi infilandomi la giacca.
-sono tutti pronti- disse serio. – ho visto Astoria...-
-risparmiami i particolari- dissi freddo e lui non continuò.
-andiamo- conclusi girandomi di scatto e uscendo infine dalla mia stanza. Ora andavo incontro alla morte, me l’ero cercata.
**
La guardavo avanzare lentamente mentre una bambina, che non avevo mai visto, lanciava da un piccolo cesto di vimini dei petali di rosa che poco dopo, lei avrebbe calpestato.
Avrei dovuto sorridere, emozionarmi, ma non riuscii a fare nulla.
Guardavo i suoi capelli neri, diversi dai ricci morbidi e profumati che per messi, mi avevano svegliato inebriando il mio cuore di felicità per quei magici momenti.
Guardavo i suoi occhi azzurri, limpidi, diversi da quelli grandi e caldi che mi scaldavano il cuore, quegli occhi che mi guardavano dentro nel profondo.
Guardavo Astoria, avvolta in un abito di seta bianco, ricco, sfarzoso, esagerato e volevo Hermione al suo posto, delicata, semplice, dolce.
La vidi arrivarmi accanto, sorrise felice per essere arrivata finalmente al mio fianco davanti all’officiante che avrebbe celebrato il matrimonio.
Ricambiai il suo sorriso con uno dei mie soliti ghigni ed aspettai che l’uomo davanti a noi prendesse la parola.
Vedevo le sue labbra muoversi e guardarci, decantando un amore che non esisteva.
Parole senza senso, pensai, mentre Il celebrante si fermò a guardarmi serio invitando a pronunciare le parole dell’antico rito che avrebbe legato me e Astoria nel sacro e magico vincolo del matrimonio.
Fissai gli occhi neri dell’uomo e in quel nero vidi ciò che mi aspettava.
Una vita vuota, fatta di tristezza, odio, abbandono.
-No-urlai, girandomi.
-Mi dispiace madre- aggiunsi, ed infine mi smaterializzai lontano da tutti alla ricerca di lei.
L’unica che volevo.
 L’unica donna che amavo l’unica degna di diventare la signora Malfoy, ora però l’avrei dovuta convincere.


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-La Luce-
Erano Trascorsi ben nove anni da quando Draco Malfoy aveva lasciato Londra, da quando aveva lasciato Astoria Greengrass sola all’altare.
Si era smaterializzato lontano da quella donna che non amava.
Era fuggito via da un matrimonio che non voleva, una donna che non amava, un futuro che l’avrebbe distrutto.
Erano passati nove anni dall’ultimo giorno che mise piede nel grande e tetro manor di famiglia.
Ad annunciare il suo ritorno furono come sempre quei pettegoli della Gazzetta del profeta che annunciavano la sua presenza al grande ballo di Hogwarts per celebrare e ricordare i caduti nella grande battaglia.
Erano passati dieci anni e il ricordo di quei giorni tetri vissuti con quel mostro dentro la sua casa attanagliavano la sua mente.
Ricordava tutto: le torture e le morti cui aveva assistito, i feriti, le suppliche, le urla che ancora oggi sognava. Sì maledì per aver accettato l’invito di suo padre a sostare in quella casa, visto la loro assenza. Avrebbe dovuto recarsi a Londra affittare una casa, invece, era ritornato in quel tenebroso manor che per anni l’avevano visto infelice.
Alla fine, decise di non pensarci, almeno, non in quel momento.
Mise la giacca e uscì dalla stanza da letto, vagò per alcuni minuti lungo quegli anditi illuminati da una pallida luce di candela.
Giungendo infine, in un’ampia stanza da letto, sì poggiò allo stipite della porta, attento a non far rumore godendosi la scena.

-Buona notte mia stellina.
Dormi bene fino a mattina.
Viene sonno nel tuo letto,
buffo e allegro è il folletto-.

La sua voce calda e melodiosa riscaldava la stanza.

-Ti farà gran compagnia
Finche notte vola via
Porta un sacco di regali
Sogni allegri con le ali-

Anche lui, l’aveva capito e la guardava estasiato, come dargli torto.

-Cieli azzurri e verdi prati
Mille fiori colorati
Chiudi gli occhi dai veloce
Senti piano la mia voce-

Sbatteva gli occhietti, accoccolandosi meglio tra le sue braccia. Inebriandosi di quel dolce profumo di vaniglia e latte, quel profumo che sapeva di mamma.

-Per giocare con la luna
Devi avere un po' fortuna
Lei col sole si nasconde
Cerca, cerca fra le onde-

Draco non riuscì a trattenere un sorriso, il suo cuore esultava.

-Con le stelle per compagne
Dormi presto fai le nanne
La tua mamma è qui vicino
Presto arriverà il mattino-

Disse ancora la bella donna che lentamente cullava il piccolo stringendolo al suo seno morbido, lo vide chiudere gli occhietti e addormentarsi pacifico tra le braccia della sua mamma.

-Buona notte mio tesoro
Sogni belli, sogni d'oro-

Concluse sussurrando.
La donna, vestita con un lungo abito dorato, che mostrava il seno morbido, regalo della sua nuova natura di mamma, si sollevò delicatamente dalla sedia a dondolo di legno pregiato.
Tenne stretto tra le braccia il suo piccolino, sorrise, osservando la boccuccia serrata, il suo nasino all’insù, le lunghe ciglia, i pugnetti chiusi e il ciuffetto biondo. Gli donò, un delicato bacio sulla fronte posandolo nella sua bella culla fasciata d’azzurro, avvicinandoli il piccolo orsetto di peluche. 
-Non sono sicura- disse ancora la donna, -lasciarlo a casa, da solo-disse sottovoce per non disturbare il sonno del bambino.
-ci sono le balie, gli elfi...- la donna si girò di scatto guardando torva suo marito.
-sarà solo per questa sera, non si accorgerà nemmeno che siamo usciti. Guardalo- disse ancora Draco.- dorme come un angioletto- finì.
-non l’abbiamo mai lasciato solo, è così indifeso- disse ancora la donna guardando il bimbo che dormiva beato nella sua culla.
-sarà solo per questa notte- disse il biondo, riducendo le distanze, abbracciando la donna alle spalle.
-sono agitata- ammise la neo mamma.
-ti vergogni?-chiese lui mordendosi il labbro, intuendo che ora il discorso non era più sul bambino che dormiva beato nella sua culla ma sull’evento cui dovevano presenziare, tra meno di dieci minuti .
-No! Solo che vorrei aver tempo di spiegarlo...- cercava le parole e per la prima volta nella sua vita queste vennero meno.
-capisco- disse Draco abbassando il capo sulla spalla nuda della donna baciando delicatamente la sua pelle morbida e liscia.
-niente entrata trionfale- enunciò il biondo.
-grazie- rispose lei.

**
Il grande castello di magia e stregoneria di Hogwarts si mostrò per l’ennesima volta ai loro occhi, imponente, svettava nella notte con le sue torri e le sue guglie.
La notte, riusciva a rendere quello spettacolo ancora più magico, riportando alla mente le mille avventure che le due figure appena smaterializzate di fronte al grande cancello, avevano vissuto dentro quelle mura.
L’uomo, aprì piano il cancello, osservando le mille lucciole incantate che illuminavano il sentiero fino al grande portone di legno, dove un ragazzo vestito come un pinguino analizzava gli inviti.
-vai avanti- disse Draco, la donna, lo guardò un attimo prima di staccarsi e lasciarlo solo.
Rimase fermo e per un attimo si sentì solo, fino a quando una voce dietro di lui non lo fece ghignare.
-Cosa vedono i miei bellissimi occhi, Draco Malfoy- Il biondo ex caposcuola dei Serpeverde si girò verso l’uomo che l’aveva riconosciuto, incrociando le sue iridi ghiacciate con quelle azzurre del suo miglior amico Blaise Zabini.
-Bla- disse semplicemente il biondo avvicinandosi un poco stringendogli la mano e depositando una vigorosa pacca sulla spalla.
-sei solo?- chiese Zabini, guardandosi intorno osservando gli ex studenti della scuola che entravano nel castello.
-è già entrata- rispose spiccio Draco, al moro bastò un occhiata e non chiese altro.
-entriamo anche noi- aggiunse, incamminandosi con il solito passo elegante, quello che per anni aveva fatto sospirare le ragazzine della scuola di magia.
**
Era entrata per prima, superando molta gente e lasciando lui solo a metà strada, sapeva che l’aveva ferito il suo gesto ma si sarebbe sentita in imbarazzo ad entrare in sala grande al suo braccio.
Nonostante tutto, il cuore le martellava nel petto, il fiato era corto, le mani sudate dall'agitazione e la gola secca.
Dopo nove anni avrebbe rivisto i suoi amici. Dopo nove anni gli avrebbe abbracciati, avrebbe spiegato loro come stava cosa aveva fatto e infine avrebbe raccontato di lui, di loro pensò sorridendo.
Superò la porta, entrando nella sala grande illuminata a giorno, per l’occasione la sala era sgombra di tavoli e sedie delle quattro case.
Osservò attentamente, individuando le cinque persone e si diresse verso di loro a passo svelto.
Fece un respiro profondo prima di parlare.
-ciao- disse semplicemente Hermione Granger.
I cinque si girarono di scatto sentendo la voce melodiosa della loro amica.
Il primo a scattare fu Harry Potter, l’eroe magico che l’abbracciò di slancio.
-‘Mione, tesoro quanto tempo- disse Harry, poi venne il turno di Ginny e luna che la strinsero forte.
-sei bellissima- dissero le due donne, in evidente stato interessante.
Poi fu la volta di Neville, che le depositò un leggero bacio sulla guancia.
-bentornata Hermione- disse semplicemente il nuovo insegnate di erbologia.
Alla fine l’ultimo saluto toccò a Ron Weasley che la guardava con occhi e bocca spalancati, incredulo di avere difronte a se la sua vecchia amica.
-bè Ron- disse la Granger, -non mi saluti-.
Il rosso non se lo fece ripetere due volte e l’abbracciò stretta, forse troppo.
Sperò che nessuno entrasse in quel momento nella grande sala.
-mi sei mancata- disse sussurrando affinché solo lei sentisse quella frase.
-anche tu- rispose dolcemente – ma è meglio che tu mi faccia respirare- concluse abbozzando una risata.
Il rosso si staccò immediatamente scottato da quelle parole, imbarazzandosi un poco cosa che si notò grazie alle sue orecchie che divennero subito rosse.
-wow- disse ancora Ginny Hermione sei stupenda.
-anche voi- rispose.
-in effetti sono tutti più belli- notò Harry.
-si- rispose Hermione guardandosi intorno.
-ci sono tutti?- chiese.
-bè si- rispose Ron –tranne bè sì...ecco- si interruppe facendo cadere uno strano silenzio.
-quello è Malfoy- disse all’improvviso Ginny facendo girare tutti verso la porta dove Draco Lucius Malfoy, vestito con uno stupendo abito sartoriale rigorosamente nero faceva il suo ingresso in sala grande scortato dal suo inseparabile scudiero Blaise Zabini.
-oggi sulla gazzetta- disse luna -c’era un articolo su di lui- enunciò la bionda ex Corvonero.
-già- disse acido Ron, mentre Harry salutava a distanza il biondo ex serpeverde con rapido gesto del capo.
-dopo nove anni è tornato in città- dichiarò il rosso afferrando un po’ di stuzzichini.
-manca dal giorno che ha lasciato la Greengrass all’altare- ricordò ancora Ginny, mentre il marito osservava ancora l’ex nemico di sempre, dargli le spalle e chiacchierare con i suoi vecchi compagni di casa.
-ah meglio-, disse Hermione , -lasciamo stare, parlatemi di voi?- chiese la riccia sperando di cambiare argomento, riuscendoci.
Così Ginny, con la solita vivacità aveva preso a raccontare:
-aspettiamo il nostro secondo bambino- disse sprizzando felicità da tutti i pori – mi sono scordata di scriverti a natale per annunciartelo, ma era ancora troppo presto sai- Hermione sorrise e mosse il capo.
 -allora complimenti- disse la riccia guardando prima la rossa e poi il suo caro e dolce miglior amico Harry.
-è un maschio- ripeté, il moro dagli occhi verdi, facendo ridere sia Neville sia Ron.
-Voi che ridete- li riprese Hermione –su raccontate –incitò la riccia.
A prendere la parola fu inaspettatamente Neville.
-bè non è successo poi molto in questi nove anni,- disse l’ex compagno
-io e Luna insegniamo qui a Hogwarts, io erbologia e lei cura delle creature magiche- Hermione aprì la bocca in un largo sorriso -ci siamo sposati, lo scorso inverno e ora aspettiamo la nostra bambina-
-meraviglioso- disse Hermione abbracciando luna.
-potevi scrivermi, ti avrei mandato un dono- disse emozionata accarezzando dolcemente il grembo delle sue amiche.
-ora disse Harry, manchi solo tu Ron, su racconta-
Lo canzonò il cognato.
Hermione sollevò lo sguardo incrociando i suoi occhi con quelli azzurri dell’ultimo maschio della famiglia Weasley.
-Sono un auror-
-bene- rispose Hermione.
-Harry è il mio capo- cosa che fece ridere di cuore Hermione.
-e basta, si non è successo altro- concluse.
-No- lo interruppe sua sorella, ci sarebbe anche quell’altra cosa... ricordi?-
Ron, incenerì la rossa con uno sguardo.
-ho lasciato lavanda perché non l’amavo- disse sbrigativo.
-ah- disse Hermione rimanendo di fatto senza parole, soprattutto quando Ron si dileguò tra la folla dopo averle pronunciate.
-immagino non si siano lasciati molto bene- chiese Hermione prima a Ginny e poi a Harry.
-No- rispose il moro amico.
-Ma ora che sei ritornata si riprenderà subito- disse Ginny avvicinandosi all’orecchio dell’amica, facendola impallidire.
Hermione afferrò un bicchiere di acqua viole e lo portò alla bocca, questo scese giù per la gola rinfrescandola e schiarendo i suoi pensieri.
-Hermione raccontaci tu ora, come è l’Australia chiese curioso Harry.
La riccia sorrise.
-è bellissima-rispose entusiasta – io abito a Canberra , la capitale, lavoro al Ministero della magia locale e mi sono integrata benissimo- ammise.
-i miei invece vivono fuori città e spesso mi vengono a trovare- continuò.
Ora avrebbe dovuto dirgli tutto, li aveva tutti davanti a se, sorridevano, doveva solo parlare.
-Malfoy viene verso di noi- disse Neville e Hermione si sentì gelare.
-salve- disse subito dopo l’uomo mentre una brivido le corse lungo la schiena
-salve- risposero in coro i quattro tranne Hermione.
-Paciock- disse Malfoy – ho sentito che avete allestito i tavoli in base alle coppie?- chiese il biondo.
Neville lo guardò sorpreso, pensava come tutti che fosse andato lì per parlare con Harry.
-Si-. ammise il professore di Erbologia stirando un sorriso.
-quindi- chiese ancora il serpeverde
-quindi le mogli, si siederanno nei tavoli della casa dei mariti- rispose Paciock , mentre Draco mosse il capo e ad Hermione scivolò il bicchiere dalle mani.
-Hermione  attenta– dissero in coro, mentre Draco venne schizzato dal liquido del bicchiere.
-Nervosa Granger- disse il biondo, Hermione sbuffò.
-Malfoy- lo richiamò Neville.
-complimenti, due mesi fa il registro delle nascite ha inserito il nome di tuo figlio.
-oh- dissero Harry e Ginny.
-si- disse freddo stupendo tutti, ma solo una sapeva il motivo di quella freddezza era colpa sua non aveva ancora detto nulla.
-è nato sei mesi fa, è un maschio e si chiama Scorpius- enunciò il biondo.
-complimenti- disse Harry porgendogli la mano nel momento in cui Ron ritornava ad unirsi al gruppo, i due si scambiarono ina rapida occhiata.
-Weasley- disse Draco.
-Malfoy- disse Ron.
-stanno iniziando le danze- disse una sognante luna, così Neville si congedò portando la sua signore in pista.
-bella coppia- disse Draco, beccandosi lo sguardo torvo di Ron.
-ti va Hermione- chiese il rosso trovando il coraggio e irrigidendo con quella frase i congiungi Malfoy.
-Non credo sia il caso- rispose Hermione, ghiacciando tutti.
-perché è solo un ballo la incitò Ginny.
-preferirei ballare con mio marito- aggiunse chiudendo gli occhi e respirando affannosamente.
-marito! – dissero in coro Harry, Ginny e Ron.
Draco le prese la mano, sotto gli occhi sbalorditi dei tre, conducendola sotto l’occhio attento di tuta la sala al centro della pista.
-credo che ci stiano guardando Granger- disse sibilando il moro.
-lo so-rispose piccata.
-non volevi...-
-lo so!- rispose ancora.
-mangerai a serpeverde?-chiese preoccupato per un suo rifiuto.
-si- enunciò.
La strinse a se con prepotenza, possessività, annullando le distanze tra di loro.
-se Weasley ti guarda un’altra volta come ti ha guardato prima, lo uccido a mani nude- disse Draco mentre Hermione poggiava le sue mani sul petto del marito.
-credo che non oserà mai più guardarmi, ora- ammise.
-gli conviene- disse tra i denti.
-geloso Malfoy- lo canzonò sua moglie.
-si- disse – geloso e innamorato di mia moglie- ammise senza vergogna, facendola sorridere.
-stai perdendo colpi- lo interruppe la riccia, - anni fa, non l’avresti ammesso- costatò la donna.
-anni fa, ero talmente coglione da rischiare di perderti per far contenti altri- ripeté lui.
-distruggendo me stesso- concluse.
Hermione respirò piano appoggiando il capo al petto di Draco, sentendo il suo cuore battere forte e si beò perché sapeva che era stata lei a farlo battere donandogli l’amore.

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