giovedì 14 giugno 2012

che tu sia dannato---10° cap


10. Il passo del gambero.
Erano passate settimane da quando Hermione era stata accolta a Malfoy Manor.
Il tempo era come volato, senza che nessuno se ne rendesse conto: né la donna né il padrone di casa che si beava di quei momenti che sapeva anche troppo bene che sarebbero presto finiti.
Hermione stava riacquistando la sua indipendenza e presto avrebbe preteso di lasciare il maniero.
Era come le foglie sugli alberi: cadute in inverno e ora ricrescevano pian piano belle e rigogliose.
Le cicatrici esterne sulla sua pelle erano ormai scomparse, e lei affrontava il mondo celando le ferite interne con sorrisi di circostanza e menzogne, e quelle erano le più dolorose con cui fare i conti.
Entrambi però sapevano che erano ancora li: lui avrebbe voluto affrontare l’argomento, avrebbe voluto comportarsi da amico vero, accettare le sue confessioni ma non ci riusciva, temeva troppo di sentirsi dire che lei sarebbe tornata con quella bestia di Weasley. Lei, da parte sua, temeva di risultare petulante e non sapeva nemmeno come fare ad accennare certi discorsi.
Come ogni mattina Hermione si alzò dal grande letto a baldacchino nella stanza che considerava ormai sua. Dopo essersi lavata e cambiata, indossò una veste da strega che Tibly le aveva fatto trovare sulla poltrona vicino alla finestra e devo lui si sedeva i primi giorno. Una stilettata di nostalgia la colse ma non poteva farci nulla. Si acconciò i capelli usando un fermaglio dorato che trovò per caso in un portagioie sopra il comò. Poi a passo incerto, ma con le sue gambe, s’incamminò fino alla sala da pranzo, dove Draco l’attendeva per la colazione.
Si accarezzò la veste lisciando la gonna con le mani per apparire perfetta ai suoi occhi e poi con andatura lenta si diresse verso la sedia, guardando dritto davanti a se. Non si stupì nel vederlo assorto nella lettura della Gazzetta del Profeta mentre gli elfi si affannavano per il primo pasto della giornata del loro padroncino.
Scostò piano la sedia e si sedette nello stesso istante in cui lui sollevò lo sguardo per ammirarla. Malfoy sorrise affabile osservando la donna ignara che aveva seguito la sua figura per tutta la strada che aveva percorso per arrivare al suo posto.
Una veste lunga di un delicato rosa cipria l’avvolgeva mettendo in evidenza la vita snella e un seno fiorente. I capelli, sebbene corti, erano stati arricchiti da un fermaglio che lui le aveva lasciato in un porta gioie nella sua stanza.
Sperò che lei non chiedesse mai a nessuno a chi appartenesse quel piccolo gioiello poiché sarebbe stato complicato spiegare che sua madre lo ricevette anni prima, da suo padre come pegno d’amore.
Troppo complicato.
-Buongiorno - disse il legismago appoggiando il giornale alla sua sinistra guardando con interesse la donna.
Bella come poche.
Inarrivabile.
-Buongiorno a te! - rispose lei sollevando finalmente il viso per incontrare gli occhi grigi del padrone di casa.
Il suo cuore iniziò a battere come un matto ma lei non volle dargli ascolto e finse indifferenza.
-Cosa si dice nel Mondo Magico?- chiese a Draco visto che aveva da poco poggiato il gazzettino.
-Nulla di interessante!! - rispose lui, restando sul vago.
-Immagino…- replicò socchiudendo un poco gli occhi mentre un elfo le serviva uova con del bacon fumante.
-Fidati!- rispose Malfoy imburrando una fetta di pane tostato -  Sono tutti interessati al nuovo flirt di Zabini, invece che dello stato penoso in cui riversa il nostro Mondo-.
-Ah si? Chi ha illuso questa volta?- chiese Hermione sorridendogli.
-Una francese- rispose Draco ridendo.
-Te la farà conoscere, magari quando si stanca...-disse pentendosi un momento dopo ad aver detto quella frase senza senso.
Senti i suoi occhi su di lei che la scrutavano offesi da quella frase infelice detta senza una valida ragione. Sperò con tutta se stessa di non arrossire.
-Io e Blaise non ci scambiamo le donne!- replicò stizzito e la conversazione cessò lasciando spazio all’imbarazzo. Il tono non dava possibilità di replica.
Continuarono a mangiare in silenzio, nessuno sollevava lo sguardo dal piatto e prima che Hermione potesse chiedere scusa, Draco si era pulito la bocca con una salvietta e volatilizzato dalla stanza.
Hermione rimase seduta osservando il punto esatto in cui lui era sparito.
Sospirò sonoramente e bevve del succo di zucca ghiacciato, sperando che questo le schiarisse le idee.
Una morsa nello stomaco le ricordò ancora la sua stupidità, l’ennesima.
Non riusciva ad attribuire un nome a quella sensazione che la coglieva ogni qualvolta sembrava che con il biondo ex Serpeverde le cose potessero prendere una vena un po’più confidenziale, forse aveva paura di riflettere e dare il giusto nome a tutto.
Sapeva però che aveva esagerato con le parole, si era presa una libertà che non le era stata data. Aveva insinuato qualcosa di cui non sapeva nulla. Sapeva che lui non aveva fatto voto di castità, ma sapeva anche che non c’era una palpabile nuova Signora Malfoy.
Stupida! Stupida Hermione!”
Ancora una volta si ritrovò a pensare che forse era giunto il momento di andare via da quella casa: nonostante sapesse bene che quello era l’unico posto in cui Ron non la poteva raggiungere.
La vicinanza di Malfoy la rendeva stupidamente nervosa e anche le conversazioni più tranquille e innocenti diventavano cariche di tensione. Si sentiva come un’adolescente alla prima cotta verso un ragazzo più grande.
Doveva andare via e per farlo doveva parlare con Harry al più presto: lui avrebbe sicuramente trovato una soluzione. 
Il primo problema era dare una valida giustificazione a Potter, e sarebbe arrivata a mentire al suo miglior amico pur di allontanarsi da Draco.
Doveva agire prima che fosse troppo tardi, così sì alzò di scatto e andò di filato nella sua stanza agguantò una pergamena nuova e scrisse una lettera a Harry, sperando di averlo convinto con quelle parole.
***
Quella mattina si evitarono in maniera plateale: Draco arrivò addirittura a recarsi nel suo studio in centro a Diagon Alley scortato da due Auror.
Hermione girovagò per la casa fino ad arrivare nella vecchia e maestosa biblioteca. Curiosò per ore in lungo e in largo tra gli alti scaffali colmi di libri antichi e magici fino a che non trovò qualcosa d’interessante. Fuori era una bella giornata primaverile e l’aria della casa le pesava quindi decise di sfruttare il giardino e sotto un grande albero di ciliegie si mise a leggere.
Tibly appena la vide seduta sull’erba corse verso di lei.
-Signorina! Signorina ma che fa?- urlò l’elfo preoccupato.
-Rovina l’abito!! E poi il terreno è umido e lei non deve stare male! Padron Draco poi sgrida me se lei si ammala!!!- aggiunse schioccando le dita e facendo apparire una coperta sulla quale Hermione venne invitata a sedersi.
-Tibly…- cercò di replicare all’elfo che la tirava per il braccio e non volle sentire ragioni.
Alla fine Hermione si arrese accucciandosi sulla coperta. Questa era di un intenso color verde smeraldo e solo dopo un’attenta osservazione notò che nel bordo esterno vi erano ricamate delle iniziali: le sue.
Accarezzò con la punta delle dita quel ricamo, poi ritrasse subito la mano come scottata appena sentì un fruscio voltandosi di scatto. Si diede della stupida quando notò che era solo un piccolo uccellino dai brillanti colori e alla fine dopo aver riservato ancora un rapido alle iniziali D.L.M. si decise ad aprire il libro.
“Il grandioso e rinomato casato dei Malfoy”.
Questo era il titolo del libro che aveva catturato la sua curiosità.
Si sentì all’improvviso in colpa per averlo preso, chissà cosa avrebbe detto Draco se l’avesse vista insudiciare quel prezioso tomo con le sue mani.
Chissà che faccia avrebbe fatto Lucius Malfoy nel vederla scorrazzare nella sua casa.
Poi realizzò un dettaglio che fino a quel momento non aveva catturato la sua attenzione: Narcissa Malfoy non era mai venuta a far vista al figlio in quelle settimane, e poi come un fulmine il perché le fu chiaro.
“Lei. Era sua la colpa per l'assenza della Lady dal Manor.”
Aveva privato il suo capo della presenza di sua madre. Aveva costretto alla legittima proprietaria di quel posto di starne lontana perché c’era una mezzosangue. Aveva costretto Draco a non vedere sua madre: l’unica donna per cui il suo cuore batteva di un sano affetto.
Doveva aggiungere anche questo oltre alle botte che aveva preso e al pericolo costante a causa di quel mostro del suo fidanzato.
“Fidanzato... lo consideri ancora il tuo fidanzato?... era confusa su quel punto.
Era confusa su tutto.”
Hermione Jean Granger non sapeva più nulla. Soprattutto no riusciva a capire come aveva fatto Ron ad immaginare che Draco provasse per lei qualcosa di più rispetto a una semplice amicizia.
Ron credeva che Draco si fosse infatuato di lei, un anonima segretaria. Non aveva una grande stima del suo aspetto, e oltre a quello c’era anche il dettaglio del sangue e poi il suo capo poteva avere tutte le donne più belle semplicemente schioccando le dita. Lei aveva riso per le idee stupide che si era fatto il rosso, fino a quando quelle non l’avevano portata in una camera di ospedale, ma comunque le riteneva sempre e solo fantasie.
Tra lei e il suo capo c’era un semplice e cordiale rapporto, non poteva nemmeno chiamarsi amicizia, perché il vero legame era un’altra cosa e lei si sentiva troppo a disagio con il biondo specie quando lui la guardava con i suoi gelidi occhi grigi che le scrutavano l’anima.
Era per questo che aveva deciso di fare il passo del gambero e ritornare a casa sua o in qualsiasi altro posto Potter decideva di mandarla.
Sarebbe ritornata sui suoi passi cancellando quelle settimane al Manor e ridando così finalmente a Malfoy la sua libertà.

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