giovedì 14 giugno 2012

Che tu sia dannato...Weasley 9° cap.



9- Una lenta ripresa.

Era passata una settimana da quando Hermione si era trasferita dal San Mungo a Malfoy Manor.
Tibly, l’elfo domestico, la trattava con riverenza come fosse la padrona e non solo un’ospite. Malfoy, invece, dopo i primi giorni in cui si era dedicato a lei anima e corpo, coccolandola, facendole compagnia e arrivando a leggerle anche dei romanzi babbani, si era come chiuso in se stesso.
Hermione non si spiegava questo cambiamento d’umore, perché lo aveva sempre ringraziato e aveva goduto di ogni istante.
Aveva imparato con il tempo a conoscere Draco e quell’atteggiamento era riconducibile al vecchio Malfoy: quello che si chiudeva in se stesso per non esternare ciò che gli passava nella mente.
“Forse è causa mia. Sono io che gli do noia perché gli giro per casa e lo costringo a cambiare la sua routine.”
Seduta nel comodo letto non faceva altro che pensare questo, mentre il tempo scorreva lento.
“Gli sono piombata in casa senza preavviso.”
Pensò osservando il diligente Tibly rassettare la stanza.
“Per lui sono un peso, si è sentito costretto a ospitarmi perché Harry lo ha obbligato!”
Hermione prese un respiro prima di provare ad alzarsi facendo forza con un colpo di reni. Ancora non si reggeva in piedi e senza l’aiuto fondamentale di Tibly non riusciva nemmeno ad andare in bagno.
Scosse il capo sconfitta.
“Appena potrò muovermi, andrò via. Ho già messo a repentaglio troppo la nostra amicizia. Io sono solo la mezzosangue e tu devi essere solo Malfoy.”
-Tibly dov’è il padrone?- chiese in un sussurro mentre l’elfo le poggiava sul grembo il vassoio con il cibo.
-Nel suo studio signorina Hermione. Tanto lavoro! Troppo lavoro !-rispose l’esserino mostrando alla giovane donna un grande sorriso.
Hermione distese le labbra cercando di sorridere anche lei, ma sapeva che era solo una smorfia.
A causa sua era pieno di lavoro arretrato perché lo aveva costretto a casa e perché lei non poteva risolvergli tutte quelle piccole faccende di cui si occupava solo lei.
-Mi aiuteresti a scendere le scale Tibly? Vorrei andare a salutare il padrone- disse Hermione ridestandosi dai suoi pensieri.
L’elfo la guardò sorpreso soppesando se quella richiesta, fosse fattibile o meno.
-Prometto di non stancarmi - aggiunse Hermione.
-Sai, stare tutto il giorno qui m’intristisce. Vorrei rendermi utile, magari posso aiutare il padrone…-disse Hermione cercando di essere convincente, anche se in cuor suo sapeva che l’elfo non si sarebbe fatto corrompere da due moine. Aveva l’ordine di tenerla a letto e sorvegliarla affinché non facesse di testa sua.
Infatti, l’elfo impallidì non appena sentì la sua richiesta.
-No. No. No- disse muovendo confusamente le mani.
-Padrone non vuole aiuto! Lui aveva avvertito Tibly! Lei debole, lei deve riposare- replicò agitato l’elfo domestico.
Hermione sbuffò lasciandosi cadere sul letto.
Gli occhi ambra della ragazza fissavano le tende del letto. Il suo cervello stava cercando un modo di dissuadere l’esserino.
-… però Tibly l’aiuta a scendere un po’ nella sala, se lei promette di non fare nulla-disse l’elfo.
Hermione si sollevò di scatto osservandolo felice. Era stato facile!
- Grazie- disse - grazie infinite Tibly - terminò con un grande sorriso sul viso.
-Faremo una grande sorpresa al padroncino!- aggiunse l’elfo -Vedrà signorina Hermione come sarà felice di vederla camminare -.
Hermione credeva che Draco non sarebbe stato così felice di vederla.
-Si Tibly faremo una grande sorpresa- ripeté cercando di convincersi anche lei di questo.
***
Draco era rinchiuso nel suo studio sommerso da una marea di fascicoli. Si era buttato nel lavoro accettando tutti i tipi di difesa e tutto per non pensare. Per non pensarla.
La notte prima l’aveva osservata mentre dormiva e quello che aveva sentito l’aveva scosso.
Inizio Flashback
Erano ormai le due del mattino e il Manor era avvolto dall’oscurità e nel silenzio.
Tutti dormivano tranne il padrone di casa che anche quella notte aveva lavorato fino a tardi.
Draco s’incamminò lentamente lungo le scale che portavano all’ala in cui si trovava la sua stanza. I suoi piedi emettevano un rumore ovattato camminando sui pregiati tappeti, arrivato davanti alla stanza patronale rimase fermo a guardare la grande porta in cui era intagliato lo stemma del suo casato.
Un sospiro e un sorriso amaro.
Poggiò il palmo sul freddo legno e respirò affondo.
Si girò in direzione della porta in fondo al corridoio e alla fine prese coraggio e s’incamminò.
Abbassò la maniglia dorata ed entrò, il buio regnava sovrano, nemmeno la falce di luna riusciva a vincere.
-Lumos- disse piano e la sua bacchetta s’illuminò appena rivelando ai suoi occhi la donna che dolcemente dormiva nel letto a baldacchino.
Draco fece due passi per avvicinarsi e non staccò gli occhi da quel esile corpo osservando Hermione dormire beata.
Bella, pensò…
E irraggiungibile.
I suoi occhi abbassati, le lunghe ciglia, il naso all’insù, la bocca socchiusa, il petto che si alzava e abbassava lentamente.
Avvicinò la mano sfiorando appena i suoi capelli ora corti e alla fine la sentì sussurrare:
-Ron, ti prego-.
Scostò immediatamente la mano scosso da quelle parole e fece un passo indietro.
-Ron, no, no... Ron io...-disse ancora in preda ad un sogno.
Draco deglutì sonoramente mentre il cuore prese a battere frenetico.
-Amore-mugugnò Hermione.
Il legismago sgranò gli occhi scioccato.
“Lo ama ancora.
Certo che lo ama ancora!! Cosa credevi che si dimenticasse di lui? Che si dimenticasse di quello stronzo e per chi poi? Per te? Che nemmeno hai il coraggio di dirle ciò che provi.
Girò le spalle e se ne andò velocemente mentre lei si rigirava nel letto.
-Questo... non è amore- disse infine Hermione ma questo Draco non lo riuscì a sentire perché si era già chiuso la porta alle spalle.
Fine flashback
Un gufo picchiettò con il becco sul vetro della grande finestra dello studio. Draco si alzò lentamente aprendola.
L’uccello notturno lo guardò un attimo prima di porgli la zampa così che il legismago potesse slegare la pergamena. Il gufo, dalle piume bianche, volo via subito dopo senza nemmeno mangiare ciò che il biondo gli aveva offerto.
-Deficiente come il tuo padrone- disse tra i denti Draco, quello infatti era il gufo del Capo Auror: Harry Potter.
Malfoy aprì la pergamena leggendo attentamente cosa il salvatore del mondo era riuscito a scoprire in quella settimana.
-Incapace- disse buttando a terra con infinita rabbia la pergamena appallottolata.
Non era ancora riuscito a trovare nemmeno una pista che potesse portarlo alla cattura di quel dannato Ronald Weasley.
-Chi è incapace?- chiese Hermione che proprio in quel momento fece il suo ingresso nel grande studio di Draco. L’uomo non si accorse di nulla visto che dava le spalle alla porta ed era assorto a mandare accidenti a chiunque. Se gli avessero permesso di fare a modo suo, usando le sue conoscenze non sempre raccomandabili, Weasley sarebbe già stato chiuso ad Azkaban.
Il biondo si girò meravigliato vedendola avanzare lentamente sorretta da Tibly.
Indossava una camicia da notte bianca che le accarezzava le ginocchia, e che veniva celata da una vestaglia in cotone impreziosita dal delle farfalle all’uncinetto.
Venne attirato a lei come una calamita, le porse il braccio per aiutarla, lasciando così Tibly libero di preparare la cena.
Sorrise come un ebete all’indirizzo della donna a cui brillavano gli occhi.
Dio quanto è bella.      

***
Tibly l’aiutò ad alzarsi dal letto e dopo averla accompagnata in bagno per lavarsi e sistemarsi la concusse pian piano lungo le scale in marmo bianco del grande Manor.
Si sentiva debole e aveva un senso costante di vertigine e nausea, ma era felice di poter finalmente vedere qualcosa di diverso e nemmeno bussò quando si trovò di fronte allo studio di Malfoy.
Spinse la porta che era socchiusa e entrò venendo investita dalla luce che penetrava dalla finestra aperta.
-Incapace!!!- disse Draco con rabbia.
-Chi è un incapace?- pronunciò a voce alta, soddisfatta per averlo sorpreso.
Sorrise felice vedendolo arrivare a passo veloce verso di lei.
Gli occhi le brillarono non appena sentì il suo braccio sorreggerla e nemmeno si accorse del piccolo elfo che scompariva oltre la porta lasciandoli soli.
“Perché mi fai questo effetto? Perché? Sei solo il mio capo... sono solo un’amica per te…” ma l’oro e l’argento delle loro iridi si era incatenato facendogli perdere ogni percezione.
-Perché sei scesa fino qui? Ti stancherai!- disse Draco.
“Se ti dicessi che mi mancavi, sembrerei una stupida.”
-Devo pur iniziare a camminare- . Disse invece. – Non posso certo usufruire della tua ospitalità in eterno- enunciò stirando le labbra in un leggero sorriso.
-Hermione tu non disturbi! - disse Draco aiutandola a sedersi sulla comoda poltrona davanti alla scrivania.
Hermione rise.
“Quanto vorrei fosse vero.”
-Allora chi è che ti ha fatto adirare?- chiese infine.
-Nulla, non ti preoccupare- replicò l’uomo.
-Vedo che nonostante sia riuscita ad arrivare fin qui, mi tratti come una povera malata. Prima non avevi segreti quando eravamo in ufficio- enunciò tristemente abbassando lo sguardo.
-No e che non voglio farti preoccupare. Sono cose di poco conto.- disse infine il legismago.
-Va bene per questa volta ti credo- rispose Hermione.
Lei arricciò le labbra scontenta e lui le sorrise dolcemente: non cambiava mai!
-Posso? - disse infine la Granger prendendo tra le mani un fascicolo.
-Non dovresti…- cercò di protestare lui…
-Lo so ma tu fai finta di non sapere che ho in mano questa relazione e che è mia intenzione aiutarti da brava segretaria - replicò la donna.
-Se continuerete a estromettermi dalla vita reale, non guarirò più e non parlo delle botte- disse  – Io voglio riprendermi Draco, voglio ricominciare a vivere veramente e completamente- finì.
-Sai bene qual è la cura migliore per me!-concluse.
“Ti prego aiutami.”
Draco annuì leggermente, aveva abbassato gli occhi fissando un punto indistinto della scrivania in legno antico, ed Hermione felice aprì il fascicolo prendendo così a leggere.
L’uomo non potè non ammirare la sua determinazione e la sua forza.
“La ami anche per questo.
Per il suo coraggio, per la sua voglia di andare avanti nonostante le ostilità.
La ami soprattutto per questo.”
Infine prese anche lui un fascicolo iniziando nuovamente a lavorare ma questa volta il suo cuore era sereno: lei era al suo fianco.


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